Domenica 25 gennaio
(n.d.r. non fatevi ingannare dalla prima parte, procedete)
Ore 13.00
Eppure ce n'erano stati di segni premonitori: la tarda risposta dell'università, la scoperta del ridicolo compenso che mi sarebbe stato corrisposto e niente board. La lotta per ottenere l'assicurazione medica.
Non ho mollato: volevo partire.
All'inizio di agosto altre premonizioni: un taglio troppo deciso della parrucchiera, alla quale era stata chiesta solo di togliere le doppie punte, ha praticamente dimezzato la mia chioma provocando ripercussioni sul mio umore; il mal di denti manifestatosi una prima volta in luglio e poi acutizzatosi pochi giorni prima della partenza.
Nonostante il timore di dover ricorrere a un dentista americano, non ho desistito, sono partita.
In aereo ferma a New York scrivo mentre aspetto di partire per tornare a Indianapolis e se non scrivessi mi verrebbe da piangere.
New York mi è piaciuta molto, ma è stata l'ultima tappa e, colpa il freddo e la stanchezza, non me la sono goduta come avrei voluto.
Il viaggio non è certo andato male, ma lo ricorderò come un'esperienza interessante più che bella. Di certo piuttosto faticoso con rare soddisfazioni e parecchia amarezza. Il maltempo non ha aiutato a rendere più apprezzabile il regno del fast food pronto al collasso.
Sicuramente ero partita già stanca, stressata e con troppe aspettative: speravo che andando a zonzo sarei riuscita a risalire la china trovando l'America musicale di cantanti come il Boss, della letteratura Beat (ma non solo), di certi film... Cose che mi avevano detto stare sulla west coast.
Probabilmente non ero stata capita, gli statunitensi sono troppo assuefatti al loro modus vivendi per rendersene conto. O forse devo lasciare decantare le immagini e poi cercare nel fondo di bottiglia. Vedremo, ciò che ho realizzato è che noi europei, noi italiani forse ancor di più, abbiamo un punto di vista che è semplicemente tuttaltro rispetto a quello statunitense perciò a volte la comprensione si fa veramente complicata e la malinconia avvolge facilmente la mente.
Triste e stanca (sarà per il taglio che mi è stato fatto ad agosto che ogni cosa qui mi sembra di così difficile realizzazione?) aspetto la partenza su un aereo diretto a Boston pregando che non tardi dato che ho poi la coincidenza con quello per Indianapolis dove alle cinque e mezza ho l'unico passaggio trovato dall'areoporto alla DePauw (se lo perdessi avrei una distanza di quaranta miglia da coprire a piedi o in autostop).
Ore 17.00
Il tempo di chiudere la parentesi e mi è stato detto che dovevo cambiare aereo. Il volo per Boston delle 13.00 era stato cancellato. Il prossimo sarebbe partito alle 14.00 facendomi quindi perdere la coincidenza.
Al special desk service mi hanno dato tuttavia un'ottima notizia: sarei partita un'ora e mezza dopo con un diretto che mi avrebbe fatto raggiungere l'Indiana persino in anticipo rispetto all'altro. Cioè alle 17.00, qui meglio dette 5 pm.
Sono ora le 17.00 o 5 pm come diamine si vuole chiamarle e sto per la terza volta tentando di lasciare La Guardia airport di New York (quasi quasi scendo e resto qui... non fosse che ho tutto a Greencastle e nessun posto dove andare a NYC).
Il secondo volo in realtà era partito puntuale, ma una volta addormentatami ero stata svegliata dal pilota che ci annunciava il rientro (dopo una buona mezz'ora di volo) a La Guardia airport per problemi meccanici del velivolo.
Ho sperato di aver frainteso, "mesi che piglio fischi per fiaschi, avrò capito male pure 'sta volta". Inoltre i passeggeri mi sembravano troppo tranquilli alla notizia.
Purtroppo la mia comprensione era stata corretta.
Tornati all'areoporto mi hanno assegnato un altro posto sul volo successivo (questo).
Ora sono in cielo e il mio laptop nella stiva: il trolley non ci stava sotto il sedile così l'assistente di volo me l'ha requisito ed io che nel mentre stavo cercando un nuovo passaggio per Greencastle, esausta, ho realizzato troppo tardi che avrei potuto toglierlo dalla borsa. Lei si è scusata per essersi dimenticata di avvertirmi, detto comunque di non preoccuparmi. Facile!
Se state leggendo queste righe probabilmente il mio portatile è salvo (come auspico) oppure sto battendo i tasti di un computer altrui. - Fortunatamente si è realizzata la prima ipotesi -
Anche questo aereo ha avuto qualche problema nel partire. Il capitano si è scusato. I passeggeri non hanno replicato. Al contrario prima di imbarcarmi ho incrociato due americane che sorridendo hanno affermato quanto fossimo state fortunate a trovare dei posti sul volo successivo "We're so lucky that the next flight isn't full!"
- ECCHE CULO! - avrei risposto se avessero capito italiano! - Ecche culo che l'aereo non è caduto dato che la compagnia è la medesima di quella dell'incidente a New York della scorsa settimana! - (U.S airlines: la sconsiglio per altri ritardi e noie sperimentate dalla sottoscritta).
Anyway, Americans (forse è questo il modello di ottimismo che suggerisce il cavaliere, impariamo!).
Ho risposto che quello era il mio terzo tentativo.
Sto volando, ol
tre le nubi con un nuovo passaggio trovato casualmente sull'aereo: un'altra studentessa torna al campus.
Seduta di sbieco con i piedi appuntati sul sedile davanti a me scrivo sul moleskine appoggiato sulla coscia destra, ho già riempito alcune pagine di febbraio e marzo 2008 e il titolo originale di questo post doveva essere "Resoconto emotivo", ma per ora ve lo risparmio. Ecche culo (veramente).
A breve flashback e souvenirs dal viaggio.
Sfiga in appendice: atterrata all'aeroporto, non ho ricevuto il mio bagaglio, era stato mandato forse a Filadelfia. Ad ogni modo mi è stato consegnato quella stessa sera verso l'una. Again: Ecche culo!
2 commenti:
ma sei venuta negli states per studiare/lavorare o per viaggiare a zonzo per le principali citta ? dimmi come sia fa perche sembra che te la spassi non poco
@Pluto - entrambi, altrimenti che sono venuta in Ammeriga a fa'?
Bisogna trovare le ferie, risparmiare, fare un piccolo bagaglio e partire. Sono stata d'aiuto? ;-)
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