31 agosto 2008

Agli obblighi

"You look so tired" ha detto Erica guardandomi, "Yes I am" ho risposto.
Sono tornata in sala, aperto il lap top, buttato gli occhi sul monitor senza vedere. Controllato per l'ennesima volta l'account di posta con zero nuovi messaggi. Scontato: qui sono le 10 p.m passate, mentre in Italia le 4 di notte.
Mi sono lamentata, poi alzata, sdraiata sul divano, spazioso.
Stanotte dormo qui. Solo per il primo momento un'idea, il secondo già decisione.
Il week end è finito e ha avuto anche dei risvolti positivi. Sabato sera è stato quasi un sogno, o la semplice eccezione alla regola di queste giornate, dato che adesso mi sembra di annaspare.
Sarà che non ho pazienza.
Stasera non voglio scrivere, non posterò foto e, nonostante dovrei documentarmi per la lezione di politica, mi obbligherò a spegnere il pc tra pochi minuti.
Staserà mando affanculo gli obblighi e chi li ha inventati e vado a letto, o al divano.
Domattina, dopo oltre due settimane, non scalerò per poter tornare in posizione eretta.
Il lavello è ancora intasato: al diavolo anche i miei piatti sporchi.

30 agosto 2008

In God I trust

Ci si è otturato pure il lavello della cucina.

Ho lavato i piatti nel lavandino del bagno: menomale mi piacciono le vacanze in camping, rifugio e in altre sistemazioni dove bisogna inventarsi soluzioni ai piccoli costanti disagi.
Ma qui non si tratta di quindici giorni di vacanza, bensì di un anno e, nel pomeriggio, la sala da pranzo/salotto puzzava incredibilmente: non abbiamo una porta che divida la cucina dal soggiorno. Ora, tuttavia, sembra vada meglio: bisogna capire se è venuto meno l'odore di pesce marcio o ci siamo semplicemente assuefatte. Propendo per la seconda.

Oggi, sabato, non ho fatto molto, ma grazie ad un passaggio del professore di tedesco, posso finalmente vantare una vera lampada in camera e il cestino dell'immondizia in cucina. Ci evolviamo. Ce ne servirebbe uno piccolo anche per il bagno. Una cosa per volta guys.

L'insegnante di tedesco è un alemanno importato negli States da circa cinque anni e mezzo dove ha fatto il dottorato. Abbiamo parlato del mio essere kulturell geschockt e nonostante il don't worry mi ha dato una pacca sulla spalla mentre gli mostravo l'instabilità del mio letto a castello.
Inoltre, vista la situazione, mi ha regalato una lampadina (non compresa nei 7,50 $ del pacchetto), cercato di sturare il lavandino (invano) e mi ha offerto libero accesso alla sua lavanderia (ha pure ferro e asse da stiro!). Ho ricambiato con caffè e biscotti e uva.

Nonostante la piacevole chiacchierata mi ha ulteriormente impensierita mettendo in dubbio la possibilità di utilizzare la mia patente italiana in questo paese semi-abbandonato da Dio.

E pensare che speravo di poter noleggiare un'auto con questa targa:

La costante preghiera avrebbe potuto rivelarsi utile.

Fortunatamente non mi serve per andare a sbirciare un locale in zona dove fanno musica dal vivo. La speranza è stretta nella tasca dei jeans.

29 agosto 2008

Appendice al post di ieri

Prima che le batterie cedessero (mi abbandonano sempre quando trovo i soggetti più interessanti) ecco le foto che sono riuscita a scattare:









Purtroppo stamattina non c'era il sole. Prometto altri scatti: gli spunti non mancano.

28 agosto 2008

la zia

Il campus è al completo, le lezioni sono cominciate. Tra un salto in palestra e una lezione gli studenti hanno iniziato il semestre. Il sole splende quasi sempre e le donzelle sfoggiano pantaloncini da spiaggia a tutte le ore. Il mio collega di tedesco ammicca e infila bevute in compagnia. In mezzo a tutta questa troppo giovane gioventù mi sento un po' la zia, di quelle di una volta che andavano a far la spesa a piedi, rifiutavano gli inviti alle festicciole e guardavano speranzose i forestieri (leggi: alias rispetto agli studenti).

Sebbene i corsi siano iniziati continuo a cambiare programmi. Dunque non seguirò più la lezione sulle migrazioni, ma mi concentrerò sulla letteratura americana. Quest'ultima m'ha dato molto da pensare dato che si sovrappone al corso di tedesco. Resiste quello sul governo USA data la contingenza.
I criteri di selezione da me seguiti sono stati interesse per la materia, orari e capacità di seguire il corso in lingua. Sembrava una decisione abbastanza semplice date le poche variabili, ma in soli due giorni ho scoperto che l'apparente organizzazione americana non coincide con ciò che io reputo easy.
- Innanzitutto bisogna iscriversi alle classi che s'intende seguire e se piene chiedere di essere ammessi a partecipare prima di entrarvi: dunque a scatola chiusa.
- In secondo luogo già all'inizio del semestre bisogna essere provvisti di tutti i libri (roba che da noi manco alle superiori!) perché i professori assegnano compiti e letture di volta in volta. E se questo può inizialmente apparire un vantaggio è perché non avete un'idea di quanto costino i volumi.
Libro di grammatica tedesca (confezione di due tomi che se la scarti per vedere com'è lo compri): $ 140,00. Ho strabuzzato gli occhi, chiesto alla commessa di leggere con me il prezzo e c'è scappato un "cazzolina, pretty much". Dubbi dissipati: niente corso di tedesco.
Certo c'è chi vende libri usati, ma bisogna trovarlo. Inesistente sia un ISU statunitense che una copisteria, anzi sin'ora non ho nemmeno visto una fotocopiatrice. Dicono che comprandoli sul web si risparmi molto. Il fatto è che io non vorrei semplicemente risparmiare, ma evitare di acquistarne la maggior parte.
- Terzo, nonostante sia già laureata e queste lezioni non abbiano alcuna valenza per un futuro accademico, devo obbligatoriamente seguire tre corsi, i quali tuttavia non devono ostacolare il mio insegnamento della lingua italiana...
- Quarto: è richiesta la frequenza e devo pure sostenere l'esame finale!

La situazione si fa ardua e, lungi dall'affrontarla con un semplice take it easy, mi innervosisco.
Ricordo, con nostalgia, il sistema italiano.
Aule talmente piene di gente che ci si sedeva sul pavimento il primo giorno di lezione, ma si stava di fronte al professore l'ultima settimana. Oppure corsi scoperti tardi che si era liberi di frequentare con o senza materiale: l'importante era il fine.
L'odore della carta bruciacchiata che maledivi quando ti s'inceppava la fotocopiatrice e le altre erano tutte occupate. Imparavi ad aspettare.
Le file all'ISU: consentivano di ritirare i libri usati che potevi tenere tre mesi e restituire dopo averci passato per ore la gomma, socializzando col vicino che si lamentava per la mano dolorante dal medesimo lavoro.
Rimpiango il caos: una dimensione reale dove imparare.

Tutto questo qui non c'è. E non parliamo delle copisterie più o meno underground: ho sentito dire che la legge è molto severa.
Lo studente compra, magari da internet, ma spende. Sicuramente fa girare l'economia più lui in un anno che io nel mio intero percorso universitario.

Come una zia mi cullo tra i souvenirs e domani cercherò una soluzione.

Oggi ho trovato un lavoro! Per dieci ore la settimana sarò impegnata al "Women's center", una vera e propria casa dove qualsiasi persona abbia bisogno di aiuto può recarsi. Molteplici le attività che vi si svolgono: al momento si sta definendo la settimana della donna di settembre, caratterizzata da incontri su varie tematiche tenuti da esperti esterni.
Domani sera invece, in occasione della presentazione di varie organizzazioni universitarie, il "Women's center" al suo stand distribuirà, insieme ai volantini, mele gratis. Il primo compito che mi aspetta è la raccolta delle mele.
Una zia suffragetta fuori tempo massimo, insomma.

Come zia suffragetta americana mi dovrei fare 'sta zuppa (ma sono italiana ;-).

*Ovviamente non è un mio acquisto, ma della coinquilina... però esiste ancora! Mi sa che la tengo come soprammobile :-)

27 agosto 2008

Politically incorrect

Tra le indicazioni suggeritemi durante il colloquio di selezione per il bando IES, grazie al quale sono qui, la seguente:
"Negli Stati Uniti vige il politically correct e ci sono alcuni argomenti che è meglio evitare, tra questi soprattutto: politica, religione, razza."
A distanza di una settimana e mezza dallo sbarco li ho già toccati tutti nelle mie conversazioni con asiatici, africani, afroamericani o semplicemente americani. E se all'ultimo si è accennato solo indirettamente per quel che riguarda gli altri non sono stati usati eufemismi.
I'm sorry, I'm politically incorrect.
Eppure nessuno ha ancora attentato alla mia vita e oggi ho iniziato a seguire delle lezioni che, al contrario dei biechi stereotipi, mi fanno sperare.
La prima è stata "American National Government". Il professore ha spiegato che ci concentreremo sull'analisi delle elezioni di novembre. Cercherò di sfruttare l'osservatorio privilegiato.
Per iniziare un dato che mi ha lasciato basita. Alla domanda "Chi tra di voi ha un parente che è o è stato in Irak come soldato?", ben sei persone su trenta (anzi ventinove per l'esattezza) hanno alzato la mano. Oltre un quinto.

Nel pomeriggio ho preso parte al corso di "Globalization/Migration" che si concentrerà sull'analisi della migrazione dal Messico agli Stati Uniti.

Questo il video con cui il docente ha aperto la lezione:

La canzone è di David Rovics, un cantante folk impegnato. Scritta con riferimento al muro che divide Israele e Palestina, è qui stata trasposta a quello che separa il Messico dagli Stati Uniti, le immagini provengono da lì.

A riprova che alcune idee, prima di essere estreme, sono innanzitutto vere.

26 agosto 2008

C-BAL

Non ho mai amato le attività organizzate, meno ancora le visite di gruppo in posti che posso vedere sola dunque, oggi, mentre le mie coinquiline si univano alla passeggiata per conoscere Green Castle (che basta e avanza un volantino e cinque minuti), io me ne andavo a fare jogging nel Parco Naturale adiacente al campus.
Ho seguito un percorso già fatto la scorsa settimana, in occasione di un picnic, incrociando qualche altro corridore. Poi ho continuato lungo uno dei tanti sentieri. Davanti a me si è aperta un'ampia radura delimitata, da una parte, da un piccolo lago e, dall'altra, da pareti di roccia disposte a semicerchio. La flora era composta prevalentemente da arbusti.
Correvo su terra e sassi chiari guardando i boschi poco lontani. In alto gli uccelli volavano formando anelli nell'aria. Il sentiero proseguiva in salita e si adagiava sulle pareti. Incantevole. Ascoltavo musica e correvo avvicinandomi agli uccelli. Ho cercato di capire cosa fossero: erano neri, pensato a dei grossi corvi. In America, si sa, tutto è giant: persino gli insetti, contro i quali abbiamo zanzariere alle finestre.
Tuttavia non potevo esserne certa poiché non portavo né occhiali né lenti. Per questo motivo mi sono fermata vedendo poco oltre due animali, sempre scuri. Ho sperato volassero via e non fossero, al contrario, incontri sconvenienti. Infatti così è stato. Sospiro di sollievo e ancora via, ma per poco. A pochi passi da me se ne stava appollaiato un avvoltoio di piccole dimensioni. Sopra la mia testa volavano piccoli condor (non grossi corvi). “Conosciuti per essere animali carnivori, si cibano solo di carcasse di animali”: la spiegazione razionale fornitami dal cervello, lungi dal convincermi, è stata ampiamente superata dalle tante immagini di film western dove dei loro cugini si muovono tra ossa umane.
Girati i tacchi, sono tornata dove i sentieri si biforcavano: volevo capire se fossero uniti.
Ma poco dopo, superata una specie di rimessa, ho notato qualcos'altro. Ho guardato meglio stringendo le palpebre per la miopia: a una trentina di metri un capriolo. Silenziosa ho tentato di ridurre la distanza. Ci siamo osservati, doveva essere una femmina perché raggiunto dal suo piccolo, si è inoltrato nel bosco. Wow!
Tuttavia, siccome il coraggio non è tra i punti forza del mio carattere, temendo d'incrociare animali meno timidi, ho ritenuto fosse più saggio darsi alla perlustrazione dell'area solo dopo uno studio della fauna locale.
Al riapparire della strada, delle auto rumorose degli studenti e delle bandiere americane, mi sentivo alienata quasi quanto l'Alice di Carrol.
Nonostante fossi in giro da oltre un'ora ero piena di energia: camminavo canticchiandoo le parole che gli auricolari mi suggerivano. Il sole brillava ancora, un venticello rendeva il tempo perfetto. Paradisiaco.
Aperta la porta dell'appartamento qualcosa è cambiato: m'ha preso un freddo incredibile. Un po' di stretching e la doccia avrebbero dovuto aiutarmi, invece nulla.
Solo dopo aver indossato la felpa e i pantaloni lunghi mi sono accorta che avevano riparato l'impianto di condizionamento.
Come rovinare un pomeriggio perfetto.
Dal nostro appartamento non possiamo regolarlo, dipendiamo dal controllo delle nostre vicine americane che come tutti i loro compatrioti tengono l'aria condizionata a palla!
Dormo sotto il bochettone. Sono riuscita a chiuderlo, ma non mancano gli spifferi. Ad agosto mi tocca dormire con la coperta! Se avessi un sacco a pelo mi sistemerei in balcone.
Incazzata come un pitone sorridente e forzando toni gentili, ho chiesto alla ragazza della porta accanto di ridurre la temperatura del frigorifero: mi ha concesso 2° (fahrenheit?).
Qui è normale ibernare negli edifici (si portano avanti!?).
Io, come qualsiasi altra persona normale, non riesco a capacitarmi di questo inutile spreco di soldi ed energia per reperire la quale si mettono a far guerre.
Basta stare dieci minuti in un qualsiasi edificio per avere conferma della bufala (a cui credono solo loro) che vorrebbe gli USA esportatori di pace e diritti.
Prima di esportare la democrazia, importate il buon senso!

C-BAL (si legge sibal e significa vaffanculo in coreano, quando ce vò, ce vò)

Val la pena cogliere l'occasione per risentire quella canzone che fa: America, America... (solo adesso riesco a capire la frase "l'incubo ad aria condizionata": non era la metafora che credevo)

25 agosto 2008

In caso di gita.

In caso decideste di organizzare una gita di gruppo per venirmi a trovare vi ho già trovato un pratico alloggio a sole poche decine di metri da casa mia. Quando volete, vi aspetto.









24 agosto 2008

Foto mancante

Mi maledico: oggi ho perso tantissime occasioni per mostrarvi quel cuore degli States che vado scoprendo. Nemmeno una foto di ciò che ho visto. Ma, è una promessa, a breve mi impegnerò in una caccia fotografica nei dintorni e capirete o, più probabilmente, avrete la conferma delle diapositive che vi sono passate nel cervello leggendo.

Stamattina sono andata a messa in una chiesa cattolica. Mi piace scoprire come nei diversi paesi vivono il medesimo rito. Qui, ad esempio, riescono ad avere canzoni ancora più noiose delle nostre, terribile.
Arrivata la celebrazione eucaristica due persone si accostano alle file di panche e “dirigono il traffico” della comunione stringendo la mano al più esterno e poi a tutti gli altri che a mano a mano si alzano per partecipare all'eucarestia durante la quale, chi vuole, può pure bere il sangue di Cristo (non ho osato, ma voglio provare). Mi è sfuggito l'ennesimo pazzesco osservando come 'sta gente debba essere sempre, in qualche modo, coordinata e organizzata; l'improvvisazione (di cui noi viviamo) pare bandita.
Prima e dopo la messa il prete incontra i fedeli nell'atrio. Anch'io gli sono stata presentata. Un tipo simpatico, d'altra parte qui sono tutti tremendamente amichevoli.

La maggior parte delle persone che incontro vagando nella zona mi salutano con tanto di sorriso e non solo al campus, talvolta anche dalle auto. Poi se gli sguardi s'incrociano per più di qualche secondo scatta il “How are you doing?” (o varianti ancor più complesse) che sta per il più semplice “How are you?”. Mi sono serviti diversi giorni per capirlo, all'inizio mi limitavo ad un sorriso. E, in realtà basta quello: non credo gliene freghi niente di come ti va la giornata perciò, se la risposta non arriva immediatamente (e intendo l'avverbio usato letteralmente!), capita che ritornino alle loro occupazioni addirittura voltandosi. D'altra parte loro sono abituati e hanno la risposta automatica, io sono stranita e il mio troppo lento “and you?” non viene nemmeno colto. Cercherò di velocizzarmi.


Tuttavia le foto mancate sarebbero state scattate in altre occasioni, in una per l'esattezza: il Pic nic del dipartimento di lingue moderne che si è tenuto oggi pomeriggio a casa di un professore di francese. Io ci sono andata con il direttore, un tizio che nel suo ufficio accanto alla riproduzione del Don Chisciotte di Picasso (è docente di spagnolo) ha posizionato un vecchio flipper e se ne va in giro con magliette improponibili di non so che diavolo di squadre di basket o baseball.
Dalla sua vecchia jeep si sono aperte davanti a me le famose distese di granturco. Il viaggio è durato una quindicina di minuti, ma scesa dall'auto mi sembrava di essere lontanissima, veramente altrove, proprio in America (per l'ennesima volta).
Il pic nic sarebbe consistito in un maiale arrosto più altri manicaretti preparati (o meglio, in gran parte acquistati) dagli ospiti.
Mi è bastato avvicinarmi alla casa per vedere il porco appeso a gambe all'aria sopra il fuoco. Accanto all'animale due ragazzoni con almeno qualche tratto a lui comune, ma in posizione eretta e vestiti con t-shirt stracciate e sporche di cenere. Con le braccia robuste si versavano birra in gola e sistemavano il fuoco. Per un istante ho temuto di essere capitata ad un raduno della lega. In realtà uno dei due addetti doveva essere il figlio del professore e la carne si è rivelata deliziosa. Non mi sono fatta pregare per portarmene a casa una schiscetta.
Al pic nic che in realtà da noi sarebbe stato definito un aperitivo (ma iniziato prestissimo) hanno preso parte tutti i professori, gli assistenti e la segretaria del dipartimento, una donnina oltre i cinquant'anni che è arrivata ansimando una spiegazione al ritardo con un paio di jeans, una t-shirt bianca troppo grande, dei sandali sportivi ai piedi e in testa, tra i corti capelli biondi una visierina nera. Veste in modo simile anche sul posto di lavoro. Capirete perché, facilmente, mi sono guadagnata già diversi complimenti sull'abbigliamento.
Io ho portato un rosso californiano che mi è costato 7 $ e il dover esibire un documento d'identità, ma, riposto su uno scaffale, non è stato toccato. Birra, coca e acqua sono state le bevande più gettonate.

In realtà se non fosse stato per la novità, la merenda sarebbe stata parecchio noiosa. Mi sa che assolti i miei doveri tenterò di frequentare gli altri dipartimenti. Già vidi soggetti più appetibili ;-)


Ai pazienti lettori fin qui giunti regalo il grottesco stemma (o logo?:-) della DePauw University.

23 agosto 2008

Cleaning day

Today, after a week we finally cleaned up our apartment. Everyone did something different, but it took hours to have it tidy as we wanted.

Erica (HeunJung) is trying to remove the dust from the curtain : hard work.
Sooran has borrowed the vacuum from the Chinese Teaching Assistant and the French Teaching Assistant, who live downstairs: well done.


We finally feel at home (at least a bit more :-)


*Actually we hadn't cleaned the mirror yet. But I can assure you that everything looks better now and I like this old place. Soon more photos.

22 agosto 2008

In fondo.

In fondo sono affascinata da questo paese e Indianapolis mi è piaciuta, perlomeno quel poco che ho visto (niente circuito, non ancora e sempre che). Comunque oggi ho fatto qualche acquisto utile che ha allietato la mia giornata e, non so come, mi sono limitata a quelli.
Varie volte sono stata, infatti, tentata a sperperare soldi destinati a ben altri obiettivi (v. post precedente)
Prima ho trovato un negozio di underwear e maglie e pantaloni e altro ancora di Victoria's secret (pare sia molto in voga e ne hanno motivo) all'interno del quale stavo cedendo alla tentazione di comprarmi una felpetta azzura so cute per 44 $. In seguito sono riuscita, solo guardando il tabellone del centro commerciale, a capire dove avrei trovato i prodotti di cosmetica naturale, e una volta raggiunto l'ameno luogo, ci stavo lasciando ben 80 $ (più le tasse che qui aggiungono dopo).
I hate me, but I love shopping. E questo luogo temo invogli a peccare.
Sono riuscita a limitarmi ai bisogni:
delle lenzuola (bisogno), una sorta di piumino (bisogno), un bagnoshiuma e uno shampoo “sostenibili” (bisogno :-), un paio di crocs (bisogno: non ho le ciabatte per casa!).
Mi ero quasi ripresa dal nervosismo accumulato per i vari disagi quando ho scoperto che la spagnola oltre ad avere una stanza singola, ha pure la lavanderia in casa e for free... L'ho lasciata mentre ricordava di essere riuscita a vincere un ferro da stiro la sera prima e, sorridendo, affermava: venite da me a fare il bucato: “My laundry is your laundry” (I wouldn't say the same, io).


Siccome i miei due ripiani del frigorifero apparivano deserti ho deciso di acquistare qualcosa per fare colazione così, non avendo trovato un supermercato nel capoluogo, sono andata in mensa dove, finalmente, ho notato alcuni scaffali adatti alle mie esigenze.
Per 6,66 $ mi sono portata a casa uno yogurt discreto, del latte di soia biologico al cacao e...

*La freccia indica no genetically modified organism e il succo non mi sembra appartenere a grosse multinazionali

In fondo ci vuole così poco a rendermi felice :-)

21 agosto 2008

I seriously need a car

Sto seriamente pensando all'acquisto di un'automobile.
Non pensavo che il primo fattore nostalgia sarebbe stato da ricondurre alla libertà di andarsi a comprare il latte.
Mi vedo in sella alla mia bicicletta diretta alla coop.
Mi guardo stringere il volante della Turchina mentre parcheggio all'esselunga.
Mi sento mutilata nella mia più certa e scontata indipendenza, qui e ora, potrei impazzire.
Se anche conoscessi una ragazza americana a cui scroccare il passaggio, questa dovrebbe diventare la mia migliore amica e avere i miei stessi bisogni. L'ipotesi fidanzato per convenienza è da scartare a priori, più che per etica, per la bassa età dei ragazzi che frequentano il college.
Scherzi a parte, qui c'è poco da stare allegri considerando che il campus offre mense e bar, ma neanche l'ombra di un piccolo alimentari. Figuriamoci altro.
Domani gita a Indianapolis. Tempo concesso in loco: cinque ore.
65 km percorsi i quali, se si vuole andare nella zona dove sono concentrati i musei e i negozi di prodotti biologici (ho già chiesto informazioni dettagliate), è necessario pigliare un taxi.
Ma un'auto costa. Nonostante mi abbiano detto che con un massimo di 2000 $ sia possibile comprarla (a trovarli!) e si possa in seguito rivenderla, ha comunque bisogno dell'assicurazione e va a benzina.
Money, money and money.
First step: to find a second job.
In realtà i soldi mi dovrebbero servire per viaggiare. Ho già iniziato a progettare, meglio, immaginare. Costo del biglietto and. rit. Indianapolis-Vancouver per abbracciare il brother ad Ottobre, durante la settimana di break: euro 450 circa.
E menomale che qui non avrei speso nulla. Fossilizzandomi può darsi.
First of all: to keep calm.

20 agosto 2008

Please take only what you need

Nell'atrio della mensa, mentre sbirciavo tra i programmi dell'università e eventuali opportunità i miei occhi sono caduti proprio qui. Ho dovuto prenderne uno in mano per capacitarmene.
E' ciò che pensate: a condom dispenser (aggratis e con possibilità di scelta tra vari colori e altro).

Ogni commento è lecito (quasi ogni).


Una ragazza sorpresa del mio stupore mi ha inoltre detto che all'entrata del Wellness Center (sorta di infermeria del Campus) ce n'è una boccia di vetro trasparente piena. Ho riflettuto se il mio essere basita fosse da ricondurre al fatto che ho frequentato la Cattolica, così ho pensato alle volte che ero stata in statale... manco la carta igienica. Ad ogni modo, data la raccomandazione riportata, anche qui (maybe) si era pensato a una rivendita non autorizzata.

19 agosto 2008

Not just the plumber

Ecco, ecco la parola, l'avevo sulla punta della lingua! Una tra quelle che s'imparano in prima media, ma poi quando ti tocca usarla, mannaggia, non ti viene e allora te ne esci con un "the man repairing the toilet": orrible! Anyway the plumber, I'll keep it in mind, soprattutto dopo la corsa che ho dovuto fare stamattina per raggiungere i WC della mensa... Avevamo il water rotto e giustamente, io, ho pure il ciclo. Dunque non solo senza bidet, ma nemmeno il cesso... pratico!

Le mie coinquiline apparivano tranquille e sembrava non risentissero del disagio. A loro dà più noia non avere l'aria condizionata (di cui non c'è assolutamente bisogno). Dev'essere che le coreane non vanno in bagno.
In tarda mattinata l'idraulico è arrivato. Ha aperto la porta d'ingresso, si è affacciato e, quando mi ha vista, ha annunciato: "Hi, I'm the plumber". Great.
Ho colto l'occasione per fargli controllare la doccia e così ci ha portato una cornetta nuova. Perfect.

Purtroppo ho cantato vittoria troppo presto: Sooran, una delle mie coinquiline mi ha appena comunicato che il water si è nuovamente inceppato. Stavolta è visibilmente scocciata, se pur in modo pacato: dev'essere lo stile asiatico o più probabilmente il fatto che non si senta bene. Ieri sera, infatti, mentre parlava al telefono ha mostrato notevoli abilità negli acuti e voce concitata. L'altra coinquilina (Erica) mi ha spiegato che si stava lamentando con la madre.

Morale: non tutto è come sembra :-)

Il problema attuale, dunque, resta l'alloggio. Una parte di me vorrebbe cambiarlo e chiede una stanza singola come tutte le altre Teaching Assistant. Non si sa perché io sia l'unica a stare in doppia e, per di più, in una stanza dalle dimensioni ristrette. Stasera, inoltre, ho scoperto che il letto a castello, che già mi dava l'impressione di essere troppo alto e instabile, è in realtà composto da un letto appoggiato sopra un altro. Me l'ha fatto notare la francese (giovane, ma scafata) sollevandolo. Quando si dice "norme di sicurezza".

Nonostante ciò l'anima vintage (o decadente?) che ho se ne è già innamorata.
Appena entrati ci si trova in una grande stanza occupata da un divano, due poltrone e due tavolini di cui uno più alto per mangiare. Sulla destra c'è la cucina comoda e funzionale, mentre la porta a sinistra introduce al corridoio che porta alle stanze e, in fondo, al bagno.

Quest'ultimo, superato lo shock, è tra le stanze che rivestono maggior fascino: piccolo e molto vecchio, ha un'asse tondo, in un legno che fu laccato di bianco. Il lavello è piccolo, ma tutt'intorno i ganci non mancano, quindi ci si potrebbe adattare bene.
Pareti e porte sono bianche, ma lontano dal color elettrodomestico delle case nuove, sfatto.
Sotto i piedi il parquet marrone che cigola ad ogni passo, specie nel corridoio che inquieta Sooran.

Al momento devo ammettere che il tutto versa in pessime condizioni: non abbiamo ancora pulito se non l'indispensabile e ci limitiamo alla sopravvivenza...












Le mie coinquiline sono stanche (quella nella foto è Erica che si è addormentata lasciando il mac vicino al cuscino) mentre io prendo tempo, o meglio, cerco di capire come muovermi. Puntare i piedi e chiedere un trasloco altrove, incrociando le dita per i coinquilini, o accettare, rischiando la vita ogni notte, e soprattutto mattina, mentre scendo dal letto? Questo il dilemma. In realtà ci sarebbe anche il problema con le prese della corrente: molte non funzionano e mi accorgo solo ora che alla cucina manca la porta. Calcolando che Sooran ha intenzione di cucinare... (adesso ore 23:00 sta cuocendo il salmone, però mi ha chiesto scusa per eventuali odori. In fondo non puzza tanto: fan più le mie zuppe invernali).

Nel tunnel.

La mia compagna di stanza mi ha appena regalato un astuccio e un segnalibro che ha portato dalla Corea. L'altra coinquilina sono tre giorni che mi presta oggetti che dovrò acquistare almeno in parte. Entra in gioco anche il risvolto emotivo. Not just the plumber.

18 agosto 2008

Come in un film

Ieri sera sono andata a correre. Sto veramente in un posto stranissimo. Gli scoiattoli mi attraversano la strada mentre i pick up sfrecciano a pochi metri di distanza. Non ho corso granché in realtà: camminavo per cercare di capire dove fossi evitando di perdermi, ma, soprattutto, ero in qualche strano modo affascinata da ciò che vedevo. Tante casette in legno, prefabbricate, di vari colori: all'esterno il barbecue, talvolta un triciclo. O ancora lumini sul vialetto, sedie a dondolo bianche in veranda, fiori nei cortili tra l'erba verde. Davanti a rovinare il quadretto la "macchinona" (per lo più i già troppo citati pick up... mi piacerebbe anche capire cosa se ne facciano!).

















Prima di tornare a casa, ho scoperto che, a circa 50 metri da dove abito, c'è una specie di motel: uno di quelli con le insegne luminose molto american e molto pop.
Insomma, per farvi un'idea, pensate a ciò che vedete nei film: UGUALE!!!

17 agosto 2008

Incredibile nostalgica... di già!?!

Metti sotto un cielo sereno degli amici, un po' da bere e da mangiare, con la musica che va e si fa sorrisi per l'aria. Cosa c'è di altrettanto bello? (a me viene in mente solo un'altra ipotesi ;-).




Grazie a chi c'era, peccato per chi non poteva.


-Doveva essere un abbraccio prepartenza, ma sono riuscita a caricarlo solo ora-


Un abbraccio dall'Indiana agli Amici


VI VOGLIO BENE :-)

16 agosto 2008

Prime impressioni

A costo di sembrare sbruffona lo dico: l'America è un po' come me la immaginavo. O almeno questo posto corrisponde a quanto la mia mente si era figurata.
Stamattina anche peggio: ho fatto colazione nella hall di un motel tra omaccioni già in età agghindati con gilet di pelle, t-shirts e jeans. Le consorti vestite in maniera simile mostravano di condividere la passione per l'Harley. Uno stemma appiccicato alla pelle di un giubbotto recava la scritta "in memoria di tutti i motociclisti: non vi dimenticheremo", su una maglietta invece campeggiava "vietnam veterans", ma non sono riuscita a capirne il senso dato che era in parte nascosta dalle bretelle...
Manca solo la camicia scozzese ed ecco l'americano tipico che mi è stato proposto, infatti i pick up (altra caratteristica evidenziata dell'uomo che potrei trovarmi) non mancano. Comunque no grazie.
Sono già due giorni che mi sono rassegnata a dover momentaneamente abbandonare i miei boicottaggi. L'acqua è praticamente tutta della coca cola company, i succhi 100% frutta pure. Solo all'areoporto di Indianapolis ho trovato un'altra marca. L'ho acquistata soddisfatta: era nestlé. Quella del rubinetto ovviamente fa schifo.
Cercansi soluzioni.
Sono ancora più stanca di ieri, ma stasera ho una casa e una camera da dividere con una coreana.
Le ore indicate nei post da ieri in poi sono ovviamente quelle col fuso orario di Indianapolis: meno sei ore rispetto all'Italia.

15 agosto 2008

Departure (I) - Arrival (USA)

Malpensa terminal 1, aereo alle 09:45. Due ore di sonno alle spalle, le altre passate a litigare con il pc che non vuole seguire i miei comandi... grrrr... Sono in coma. Oltrepasso le file per New York che non mi riguardano e arrivo al check in per il mio volo: zero fila, a riprova che la meta, verso la quale sono diretta, non è propriamente ambita. Comunque sia, all'areoporto sia italiano che statunitense la procedura è sicuramente più semplice dei preparativi.

Ho faticato sino alla sera prima lottando con il peso delle valigie, ma ce l'ho fatta.

E' vero, ho dovuto pagare 34 euro per eccedenza di bagaglio, ma sto via un anno!
E' vero, ho tolto alcuni maglioni, un pigiama e un asciugamano, ma come diceva chi ne sapeva:
nulla è più indispensabile del superfluo.

In valigia:

-iPod nano.
-macchina fotografica
-tre libri italiani, due non ancora letti e Biglietti agli amici di Tondelli per compagnia.
-la versione originale di On the Road di Kerouac.
-due quaderni di carta riciclata
-alcuni regalini o biglietti degli amici
-grammatica di tedesco (mi sono iscritta a un corso...)
-qualche paio di orecchini e pochissime collane
-delle mezze punte per danza

Scontato ovviamente è il lap top con annesse cuffie per skype, chiavette etc.

E, per un tentativo di sana sopravvivenza, sia pasta che moca unita a un chilo di caffè rebelde del Chiapas


Siccome sono "sveglia" da oltre ventiquattr'ore, adesso, dopo essermi docciata, e già troppo trattenuta davanti al video, causa problemi di connessione (e di conseguenza scrittura caricamento foto e altro ancora), vado finalmente a letto sperando il rapporto informatico migliori. A presto qualche anedotto sul viaggio.


7 agosto 2008

Prepartenza con partenze

L'agosto è iniziato e già in troppa parte trascorso. Mentre arranco per tenere testa ai preparativi: moduli da compilare, contatti da prendere, cose indispensabili da acquistare e altre noie, con il costante spauracchio della valigia da fare, altri partono. Anche in famiglia.

Il primo è mio padre con l'Andre: sabato 2 agosto, ore 15.00. Destinazione CAPO NORD: andata e ritorno in moto. Il viaggio che ogni vero motociclista ha nel cuore. Le settimane che precedono sono caratterizzate da una visibile bonaria esaltazione. I bolidi sono stati tirati a lucido, le borse preparate con precisione. Quello che conta è andare, vedere l'asfalto sotto la ruota e macinare chilometri. Ore e ore in groppa ai cavalli di cui vanno fieri, il viso stretto nel casco... valli a capire...

Martedì 5 agosto è la volta di mio fratello. Nonostante i suggerimenti di andarsene a "cercar fortuna" da settembre in poi lasciando svaporare il flusso di turisti e studenti, nulla da fare: il brother decide di lasciare al più presto il suolo natio. Per non scordare l'inglese incamerato in tre mesi d'Irlanda: questa la motivazione data.
Alle ore 07.55 decolla il suo aereo per VANCOUVER. Gli scatto una foto dopo il check-in, con un visto "work & travel" in tasca e tanti "in bocca al lupo" forse mandati a mente.

Alle 08.27 sono pure io in viaggio, ma la meta è molto più vicina e la durata lo fa risultare una gita. Prendo un malpensa express che mi porta in Cadorna, poi da lì la metro per la Centrale.
Alle 09.30 sono già su un intercity per Grado. Niente vacanze, bensì per "lavoro"... Vado a incontrare la docente che affiancherò alla DePauw. Una volta in treno scopro che Grado non ha una stazione, però un bus che la collega a Cervignano dove arriverò. Come in ogni percorrenza che si rispetti non mancano gli incontri particolari. Così in zona Mestre mi ritrovo tra le dita un numero telefonico composto il quale avrò validissimi consigli su dove alloggiare in Venezia. "Chiamami anche se vieni con gli amici!", è un ragazzone che lavora per le ferrovie dall'aria tuttosommato simpatica e, mentre ficco il biglietto in un taschino, penso a quante borse l'avranno visto navigare tra portafogli, cellulare, sigarette e trucchi prima che una mano senza memoria lo facesse cadere in un cestino. Il secondo soggetto è invece una tipica fighetta meneghina dai modi gentili che, già infastidita dal trattamento riservatole in prima classe dove non c'era nemmeno un posto libero (la sottoscritta lo ha immediatamente trovato in seconda con dieci euro in meno), accetta di condividere il prezzo di un taxi (per me obbligatorio dato il ritardo del treno). Durante il tragitto (quindici minuti massimo) mi spiega che ha la casa a Grado, ma andrà in vacanza sul Mar Rosso e il suo fidanzato è egiziano, ma vive a Milano e ha uno zio console, o ministro o qualcosa di affine che naturalmente ho rimosso, e però ha pure un'impresa di import-export e vattelapesca e. Faccio la finta interessata o forse lo sono sul serio a certi casi umani e le domando dove l'abbia conosciuto. Mi dice il nome di una nota discoteca della Milano da bere odierna che naturalmente ignoro dove lei lavora. Accompagna la gente ai tavoli, mi spiega, così l'ha conosciuto: era tra gli accompagnati. Sollevo le sopracciglia: compongo stupore... finanche ammirazione e forse mi lascio persino scappare un "che bello", compiacendomi per la farsa.
Solo ora mi ricordo del detto "non c'è due senza tre" e questo tre s'ha da assegnare alla Prof. La aspetto davanti all'alberghetto che mi ha consigliato, arriva spingendo un passeggino con l'ultima delle sue cinque creature. Esile nel corpo e nei modi, ma non certo d'animo dato il numero di figli, il lavoro e... la fede. Bastano poche battute per capire che mi trovo davanti a un'integralista cattolica pensando a quale diamine di calamita io abbia per attirarli... Comunque sia, si conferma gentilissima come già lo era stata al telefono e nelle mail. Mi parla abbastanza male dell'università (biblioteca, programmi e modalità di studio) e dei colleghi, ma bene delle sue assistenti, della gente dell'Indiana e dell'affetto degli studenti. Scopro inoltre che starò in un posto senza mezzi pubblici, piazze e marciapiedi. Dopo avermi sufficientemente demoralizzato mi solleva con un "ma tu ci starai solo per nove mesi... e poi sarai nel campus. Non ti preoccupare, vedrai che ti divertirai". La sera mi invitano a mangiare una pizza per presentarmi dei loro amici di Green Castle. Questi arrivano all'appuntamento puntuali, ma già sazi: si scusano di aver già cenato. Nella famiglia si leva una lieve maretta. Io vorrei essere altrove. Una signora americana già in età mi chiede se io sia cattolica, rispondo con un sì sorridente per celare la sempre maggiore inquietudine. Le coppie di yankee ci lasciano, rimane solo K. che assiste la mamma prof. mentre nutre la piccola della famiglia con pizza alla marinara e latte materno concessole direttamente dalla fonte. Ringrazio Dio della mia insalata di mare bagnata dall'acqua naturale. K. pare disponibile, mi lascia il suo numero promettendomi di aiutarmi e accompagnarmi quando ne avrò la necessità. L'altro gringo al tavolo è il marito della docente, il motivo per cui lei si trasferì negli USA. Affabile, semplice e informale: easy come un americano insomma. Parliamo in italiano di ciò che mi aspetta. Sebbene lui me lo dica con tutt'altro tono io tiro un vero sospiro di sollievo quando, accennando alle prossime elezioni, mi dice che in Università assisterò ad un
plebiscito per Obama. Thanks God.
Quella notte, per motivi tuttora da chiarire, il dente riprende a pulsarmi. Compagna di viaggio del ritorno e già l'ansia che fa il mio stesso percorso.

6 agosto 2008

Vivo di entusiasmo
e vuoto.
E' questo che mi frega
il vuoto.

4 agosto 2008

29 luglio '08, BIKO's performance

Bella serata: festosa direi con Fabri che dipingeva mentre Rafael (tromba), Flavio (basso) e Alessio (batteria) suonavano. Qualche donzella ballava. Poco distante il lago e villa Geno. Ce ne vorrebbero spesso di evasioni così.



3 agosto 2008

Mi faccio un blog

Arrivata al terzo post ricomincio da capo. Potrei dire che i primi due sono stati prove, ma forse ne è uscita una prefazione non malaccio. Ora s'ha da spiegare a cosa (al blog o alla lili o a entrambi o).
Da tempo stavo meditando sulla possibilità di aprire un blog, ma: uno, sono una donna ben poco tecnologica, due, mi appariva una mossa eccessivamente narcisista e tre, chi diavolo vuoi che si metta a leggerlo? Da qualche mese tuttavia la situazione è cambiata: mi preparo ad una partenza, destinazione United States of America, più precisamente Indiana, per l'esattezza Green Castle, un paesucolo sconosciuto di agricoltori e operai. Un luogo molto più cyberfolk-technociful che ameno, ho timore. Me ne starò lì quasi un annetto, grazie alle braccia rubate all'agricultura in cambio d'una laurea in lettere, in veste di Italian Teaching Assistant, o lettrice che dir si voglia, presso la DePauw University che vi sorge.
Dunque blog: direi che diviene quasi indispensabile e il narcisismo camuffabile... Ho alle spalle altri viaggi, soggiorni all'estero e allontanamenti dal nido famigliare, tuttavia gli Stati Uniti sono una meta ancora mai toccata dai piedi che ora oscillano sul letto. Una distanza che comporta prezzi troppo elevati per rientri mordi e fuggi e un fuso orario di sei ore in meno, rispetto all'Italia, che complica i contatti diretti.
Dunque blog. Per spiegare e soprattutto mostrare a ma', pa' e a qualche amica/o (sperare in venticinque fidati visitatori sarebbe illusione e pura presunzione :-) la mia American life che spero riesca sana, nonostante le profezie minatorie che mi sono già state anticipate in preparazione... Parto il 15 agosto 2008: - 12 oggi.
Dunque blog già di preparativi e poche pillole di quest'ultimo anno veloce e intenso. Per chi c'era e chi no. Ci faccio un blog.