24 agosto 2008

Foto mancante

Mi maledico: oggi ho perso tantissime occasioni per mostrarvi quel cuore degli States che vado scoprendo. Nemmeno una foto di ciò che ho visto. Ma, è una promessa, a breve mi impegnerò in una caccia fotografica nei dintorni e capirete o, più probabilmente, avrete la conferma delle diapositive che vi sono passate nel cervello leggendo.

Stamattina sono andata a messa in una chiesa cattolica. Mi piace scoprire come nei diversi paesi vivono il medesimo rito. Qui, ad esempio, riescono ad avere canzoni ancora più noiose delle nostre, terribile.
Arrivata la celebrazione eucaristica due persone si accostano alle file di panche e “dirigono il traffico” della comunione stringendo la mano al più esterno e poi a tutti gli altri che a mano a mano si alzano per partecipare all'eucarestia durante la quale, chi vuole, può pure bere il sangue di Cristo (non ho osato, ma voglio provare). Mi è sfuggito l'ennesimo pazzesco osservando come 'sta gente debba essere sempre, in qualche modo, coordinata e organizzata; l'improvvisazione (di cui noi viviamo) pare bandita.
Prima e dopo la messa il prete incontra i fedeli nell'atrio. Anch'io gli sono stata presentata. Un tipo simpatico, d'altra parte qui sono tutti tremendamente amichevoli.

La maggior parte delle persone che incontro vagando nella zona mi salutano con tanto di sorriso e non solo al campus, talvolta anche dalle auto. Poi se gli sguardi s'incrociano per più di qualche secondo scatta il “How are you doing?” (o varianti ancor più complesse) che sta per il più semplice “How are you?”. Mi sono serviti diversi giorni per capirlo, all'inizio mi limitavo ad un sorriso. E, in realtà basta quello: non credo gliene freghi niente di come ti va la giornata perciò, se la risposta non arriva immediatamente (e intendo l'avverbio usato letteralmente!), capita che ritornino alle loro occupazioni addirittura voltandosi. D'altra parte loro sono abituati e hanno la risposta automatica, io sono stranita e il mio troppo lento “and you?” non viene nemmeno colto. Cercherò di velocizzarmi.


Tuttavia le foto mancate sarebbero state scattate in altre occasioni, in una per l'esattezza: il Pic nic del dipartimento di lingue moderne che si è tenuto oggi pomeriggio a casa di un professore di francese. Io ci sono andata con il direttore, un tizio che nel suo ufficio accanto alla riproduzione del Don Chisciotte di Picasso (è docente di spagnolo) ha posizionato un vecchio flipper e se ne va in giro con magliette improponibili di non so che diavolo di squadre di basket o baseball.
Dalla sua vecchia jeep si sono aperte davanti a me le famose distese di granturco. Il viaggio è durato una quindicina di minuti, ma scesa dall'auto mi sembrava di essere lontanissima, veramente altrove, proprio in America (per l'ennesima volta).
Il pic nic sarebbe consistito in un maiale arrosto più altri manicaretti preparati (o meglio, in gran parte acquistati) dagli ospiti.
Mi è bastato avvicinarmi alla casa per vedere il porco appeso a gambe all'aria sopra il fuoco. Accanto all'animale due ragazzoni con almeno qualche tratto a lui comune, ma in posizione eretta e vestiti con t-shirt stracciate e sporche di cenere. Con le braccia robuste si versavano birra in gola e sistemavano il fuoco. Per un istante ho temuto di essere capitata ad un raduno della lega. In realtà uno dei due addetti doveva essere il figlio del professore e la carne si è rivelata deliziosa. Non mi sono fatta pregare per portarmene a casa una schiscetta.
Al pic nic che in realtà da noi sarebbe stato definito un aperitivo (ma iniziato prestissimo) hanno preso parte tutti i professori, gli assistenti e la segretaria del dipartimento, una donnina oltre i cinquant'anni che è arrivata ansimando una spiegazione al ritardo con un paio di jeans, una t-shirt bianca troppo grande, dei sandali sportivi ai piedi e in testa, tra i corti capelli biondi una visierina nera. Veste in modo simile anche sul posto di lavoro. Capirete perché, facilmente, mi sono guadagnata già diversi complimenti sull'abbigliamento.
Io ho portato un rosso californiano che mi è costato 7 $ e il dover esibire un documento d'identità, ma, riposto su uno scaffale, non è stato toccato. Birra, coca e acqua sono state le bevande più gettonate.

In realtà se non fosse stato per la novità, la merenda sarebbe stata parecchio noiosa. Mi sa che assolti i miei doveri tenterò di frequentare gli altri dipartimenti. Già vidi soggetti più appetibili ;-)


Ai pazienti lettori fin qui giunti regalo il grottesco stemma (o logo?:-) della DePauw University.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

da quello che racconti, l'America è il Paradiso, o almeno lo è per come lo intendo io..spettacolo..

maiale arrosto, manicaretti, bevande a garganella, gente sconosciuta che per strada ti chiede come stai, paesaggi straordinari, integrazione etnica..wow!

Francesco

lili ha detto...

Infatti me ne vado in giro sorridendo e anche un po' ridacchiando.
Che sia il paradiso dubito, ma mi diverte vedere l'America, soprattutto perché so di abitare in Italia e di essere italiana al 100% ;-)

Quando arriverò alla saturazione, probabilmente, a chi mi chiederà come sto per abitudine risponderò malamente nella lingua natia :-P

Marco ha detto...

In effetti l' "How are you?" come saluto è qualcosa di temibile!! Come vedo non è solo un'usanza irlandese! ;-) Come te, ho sempre cercato di capire quale fosse la risposta giusta, o almeno di impararne una standard da buttar li' poi in caso di difficoltà, ma alla fine io mi sono arreso e ho ripiegato su un "not too bad" che faceva molto comodo!! ;-)

Ma allora anche negli states fanno il porcello! ;-) Pensavo andassero solo ad hot-dogs, hamburger o al massimo qualche grassa bisteccona! ;-)
Pero' prometto che se vengo a trovarti, contrabbando un po' di luganighetta, cosi' li mettiamo tutti KO! ;-)

lili ha detto...

@marco - idea interessante quella del "not too bad", così li si spiazza pure. La userò.

Perfetto, allora ti aspetto a trovarmi :-)