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2 febbraio 2009

Cosa mi piace degli Stati Uniti / What I like in the U.S.

Cosa mi piace degli Stati Uniti è un post su commissione. Non che mi paghino per scriverlo (già molto che non debba pagare io per caricare parole in rete!), ma è stato richiesto da un amico che mi ha accusata di essere antiamericana...
Nonostante credo la definizione sia stata data più con vis polemica che raziocinio, raccolgo volentieri l'invito.

New York. Questa città mi è piaciuta, ho apprezzato tanto anche New Orleans. Sono città vive, dove ci sono i caffè per trovarsi e i locali nei quali sentire musica. Tuttavia ci sono stata poco, soprattutto a New Orleans e l'opinione risulta parziale.
Nella grande mela ho trascorso una settimana. Finalmente una città vera: un luogo dove poter trovare di tutto, fare di tutto. Immensa, ma ben collegata dai mezzi. Un luogo dove perdersi, nascondersi, ritrovarsi. Io ci ho vagabondato stanca sperando di tornarci.
Mi avevano detto che avrei visto la frenesia fatta carne, invece ho semplicemente ritrovato un po' d'atmosfera europea a cui già ero abituata. A Milano ne ho visto esempi peggiori, e la stessa DePauw University con la sua inutile pretesa pianificatrice è a mio avviso persino più estenuante.

Ma devo dire quel che mi piace.
In prima posizione metto la semplicità e la gentilezza degli americani. Iniziare a chiacchierare col vicino mentre si aspetta l'aereo, o conoscere l'avventore del bar o del ristorante accanto al quale siamo seduti è molto comune.
A New Orleans ad esempio abbiamo conosciuto un professore universitario di psichiatria che stava cenando su un tavolo adiacente al nostro, alla fine ci ha dato il suo indirizzo mail; a Manhattan un amico del nostro ospite (un colombiano nato e cresciuto negli States) ci ha mostrato per un'intera giornata la città, offerto il pranzo e pagato i venti dollari a testa per salire sul Rockfeller center. Nonostante versasse in condizioni tutt'altro che floride, non c'è stato verso di rifiutare.
E non ci si dà del Lei, non esiste (qualcuno mi ha detto ci fosse, tuttavia ora non si usa). Con la gentilezza che conviene ci si rivolge allo stesso modo al professore, al compagno di classe, al medico e all'autista del bus. E se è vero che alle volte mi smarrisco in questa abitudine e vorrei trovare modi più ossequiosi per taluni soggetti, arrivo alla conclusione che il rispetto non si misura sulla base di un pronome.

Insieme alla facilità di relazione, c'è una certa noncuranza verso l'abbigliamento che di sicuro preferisco all'ossessione nostrana. Tuttavia sapendo dove e quando andarci è facile trovare pure abiti e accessori dignitosi e di marca a prezzi ridotti.
Non vi dico lo sconcerto quando in pieno centro a New York sono andata da Daffy's dove, insieme ad altri indumenti dell'italianissima Deha, ho notato un paio di pantaloncini simili a quelli acquistati l'estate scorsa a Milano con un esborso di oltre quaranta euro. Il cartellino Daffy's price aveva un ammonto di soli tredici dollari. Certo però i capi non sono dell'ultima stagione né ben disposti... Invidia!!!

L'idea che la legge vada rispettata è fondamentale nella mente degli americani. Poi non lo so se lo facciano, i furbi ci sono ovunque però perlomeno non vanno in giro a vantarsi per le truffe realizzate! Anzi la maggior parte delle persone mostra sgomento all'idea di trasgredire la norma. Più di una volta ho sorriso... più di una volta avrei pure mozzato il capo al mio interlocutore per la rigidità e la ristrettezza mentale mostrata in termini legislativi burocratici.


Altro apprezzamento va alla stima che nutrono verso la propria classe politica. Assodato che George Bush sia stato il peggior presidente degli Stati Uniti e un idiota, ora i democratici incontrati nutrono una speranza verso l'uomo e il politico Barack Obama che in Italia non ho mai visto nè vagamente ipotizzato (e forse non è difficile capirne il perché).


Mi sto abituando alla fantastica comodità della rete: qui è piuttosto semplice trovare una rete-wireless non protetta da poter usare e la gente legge quotidianamente la posta e risponde subito alle mail.


Come anche in Germania, anche qui ci si porta caffè e tè appresso. Pratica che già avevo importato persino nella biblioteca comasca. Tuttavia gli americani non hanno grandi thermos come gli Alemanni, ma capienti tazze col tappo, da cui bere direttamente.
Non ho resistito: è stato l'ultimo acquisto.
Altra libertà "inappagabile": si può mangiare quasi ovunque. Per le strade la gente mangia qualsiasi cosa. Ok è vero, non sempre è un bello spettacolo...

I bagni. La maggior parte dei bagni pubblici sono puliti e provvisti di carta. Evito l'ovvia comparazione.

Infine, ma di questi tempi, dovrebbe essere la prima, l'attitudine che le persone mostrano di fronte alla possibilità di perdere il lavoro o una posizione economica raggiunta. Ricominciano.
La mancanza di uno stato sociale, una visione improntata ad apprezzare la "capacità di farsi da sé" che è intrinseca alla storia di questo stato (nella sua accezione positiva, ma spesso anche negativa: esaltazione del self made man, di colui che ha successo economico), un mercato del lavoro molto più mobile (come i licenziamenti anche le asssunzioni sono più semplici) sono, credo, tra i principali fattori di questo atteggiamento.
Non so se siano maggiori i pro o i contro (o forse un'idea ce l'ho e la si può immaginare) ma penso che noi italiani dovremmo guardarne il lato positivo e capire che si può cambiare, ci si può spostare. Si deve provare e, se si cade, gambe e braccia ci faranno rialzare.


Quest'ultima constatazione apre confronti immensi che sento constantemente ripetere quando guardo la tv italiana in rete. Non si fa altro che guardare agli States eppure non è tutto oro quel che luccica e noi italiani ci autodemoliamo continuamente.
Bisognerebbe invece ricordare il verso del buon Gaber:
"Rispetto agli stranieri noi ci crediamo meno ma forse abbiam capito che il mondo è un teatrino".
Perciò a breve un post "American versus Italian a manovella".

30 novembre 2008

Sempre più spesso dagli amici in patria mi arrivano messaggi del tipo: non tornare, trovati un lavoro e stai lì, qui la situazione è sempre peggio, informati se trovi qualche occupazione per il sottoscritto...

Oh guys! Non sono nell'America a cavallo tra ottocento e novecento e nemmeno in quella del boom economico post-bellico.

Siamo nell'anno domini 2008 ed è una merda dappertutto. Purtroppo.

Stamattina con un connazionale ho a lungo discusso del precariato italiano che attanaglia la nostra generazione. Mi ha dato l'ennesimo, uguale consiglio.

Ecco la mia risposta: è l'esperienza del prof. di tedesco, anni 33, da sei negli States.
J. si sta ammazzando di lavoro extra per cercare un posto che gli conceda di mantenere il visto (un visto lavorativo può costare oltre 3.000 $... ora si capisce perché me ne hanno fatto uno da studente!). In generale le università, essendo istituti privati, stanno tagliando le assunzioni e licenziando tutti colori che non sono ritenuti indispensabili. Dicono che può peggiorare.
Insegnare qui significa, inoltre, doversi fare anni e anni di Phd (dottorato) sperando nella borsa di studio per non doverlo pagare... come in Italia, ok, ma alla fine per quel che riguarda la mia specializzazione insegnerei come coniugare il verbo essere...
Ci sarebbe poi il timore costante del licenziamento a tempo zero che qui non risparmia nessuno (con tutti i pro e i contro), mucchi di carte da compilare per facilitare la vita agli studenti e odiare la tua, costanti valutazioni in classe e calcoli per mettere via la pensione.

No thanks. Torno in patria.

E a chi mi dice che sono "scatenata contro il capitalismo USA" offro a titolo d'esempio questo piatto considerato delizioso dagli yankee:

Si tratta di patate dolci, cotte nel forno con troppo burro, su cui vengono poggiate delle gommose caramelle (i marshmallows di cui già dissi) che in teoria dovrebbero essere fatte solo di zucchero e gelatina... secondo me sono chimicissime... In questa foto le vedete rosa e verdine. Propinatomi al Tksgiving ho preferito rinunciarvi per non correre il rischio di vedermi spuntare la coda...

Ma ecco la domanda: potreste mai sostituirle alla lasagna natalizia? o anche solo ai tortellini in brodo?

Mille volte meglio pane e salame: lottiamo per preservarlo!