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22 marzo 2009

to be or not to be proud (2)

Dopo un intero percorso negli States non è più necessario tornare a descrivere le caratteristiche che ci differenziano dagli americani, se avete letto i post precedenti sapete bene cosa intendo, se avete altre o ulteriori idee mi piacerebbe saperle perché l'osservazione e la comparazione è diventato ormai il mio hobby preferito.

Stando qui ho cercato di non rappresentare la "classica italiana" in vacanza che più o meno consapevolmente sostiene il: "in Italia è sempre (o ultimamente "nonostante tutto") meglio..."

Anche se non lo sappiamo siamo un popolo di orgogliosi, l'orgoglio della bella italia e della sua grande cultura come mi hanno fatto notare V. e A. ridicolizzando la mia scoperta (cfr. to be or not to be proud 1).

Infatti, anche se noi italiani non facciamo altro che lamentarci (in casa e fuori), considerarci arretrati e facciamo ancora fatica a pronunciare la parola patria o peggio ad esibire la bandiera (anzi esponiamo quella altrui minacciando la fuga!), in realtà noi questo strano e maledetto paese lo amiamo.

A darne prova non è solo Lapo Elkan che ha fatto altri soldi con le sue felpe ITALIA o ancor peggio FIAT (dopo che l'abbiamo sostenuta per generazioni con le nostre tasse dovrebbero regalarci una cinquecento, non venderci la maglietta!), bensì scrittori e registi che ne analizzano la storia e molti cantautori.

Mi sono resa conto di quante canzoni siano state scritte sul bel paese da italiani solo stando qui. La nostalgia mi ha portato a scoprire cantanti e canzoni che da anni parlano dell'Italia, la criticano e in fondo la celebrano come forse non accade in nessun altro paese.

Così mentre pensiamo la fuga già progettiamo il ritorno.

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Tra gli esempi cantati che ho in mente ci sono i seguenti presi qua e là cercando di seguire un ordine. Ma altri se ne potrebbero trovare.
L'Italiano di Toto Cotugno (la preferita del mio coinquilino); Aida di Rino Gaetano; Viva l'Italia di Francesco De Gregori; Quarant'anni dei Modena City Ramblers; Por Italia di Davide Van De Sfroos; Bella Italia dei Tre allegri ragazzi morti; Buona notte all'Italia di Luciano Ligabue (sebbene sia un tentativo a mio parere molto malriuscito) e tra gli ultimi gli Afterhours che non solo hanno portato al festival di San Remo un testo su "Il paese reale" (che lascia perplessi al primo ascolto, ma mostra un certo valore poi), ma hanno pubbicato coinvolgendo molti nomi della scena indie un album che lo descrive.

14 ottobre 2008

Cerco un gesto (e un senso?)



Mi guardo dal di fuori come fossimo due persone
osservo la mia mano che si muove, la sua decisione
da fuori vedo chiaro,
quel gesto non è vero
e sento che in quel movimento io non c’ero.
A volte mi soffermo e guardo il fumo di una sigaretta
la bocca resta aperta, forse troppo,
poi si chiude in fretta
si vede chiaramente che cerco un’espressione
che distacco, che fatica questa mia finzione.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale
intero come il nostro Io.
E invece non so niente, sono a pezzi, non so più chi sono
capisco solo che continuamente io mi condiziono
devi essere come un uomo, come un santo, come un dio
per me ci sono sempre i come e non ci sono io.
Per tutte quelle cose buone che non ho ammazzato
chissà nella mia vita quante maschere ho costruito
queste maschere ormai sono una cosa mia
che dolore, che fatica buttarle via.
Cerco un gesto,
un gesto naturale per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale intero come il nostro Io.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale intero come il nostro Io.

Queste parole escono ora di frequente dai miei auricolari mentre raggiungo aule e attraverso strade: che intensa leggera malinconia Signor G, ma buona compagna.

9 ottobre 2008

Ormai una settimana fa: Lotus Festival

Dopo ormai una settimana di distanza, finalmente, raccolgo i bei momenti dello scorso week end. Non che ne abbia al tempo: come al solito lo rubo ad altro e anche se dovrei ridurre l'uso del computer per la mia salute e guardare le nuvole, oggi era talmente sereno che non ho potuto farlo. Inoltre, il direttore del dipartimento, inaspettatamente, mi ha fatto presentare in modo rapido il blog creato (v. post precedente) alla commissione giunta all'università. La famosa collega che inizialmente sembrava avrebbe dovuto parlare ha distribuito il tiramisù da lei fatto gasandosi per gli apprezzamenti.
Buon per lei, personalmente voglio guardare presto nuvole bianche.

A solo un'ora di auto da qui c'è una cittadina, Bloomington che oltre a poter vantare l'università più grande di questo stato, l'"Indiana University", è rinomata per la sua vita notturna ed è con Indianapolis meta di pellegrinaggio per chi ha la fortuna di possedere un'auto (pensiero fisso).

L'insegnante di francese, trasferitosi negli States da ormai dieci anni e a Greencastle da tre, ne è un habitué e offre passaggi con generosità.

Così sfruttando l'occasione sabato sera ero a Bloomington chiedendomi se non ci fosse per caso bisogno di un'Italian Teaching Assistant pure lì...

Venerdì 3 e Sabato 4 Ottobre, infatti, c'era l'annuale Lotus Festival.

Un evento che porta nella cittadina musica da varie parti del mondo. Dato il costo del biglietto tutt'altro che irrisorio: 33 bucks ($) ho attentamente valutato la programmazione per scegliere bene e devo dire che il mio intuito, questa volta, mi ha dato una certa soddisfazione.

Dopo aver gironzolato con G. che con me ha investito i soldi (gli altri l'avevano già fatto la sera prima e i gruppi erano pressoché i medesimi) ci siamo trovati immersi nell'old country più per caso che per volontà apprezzando qualche canzone dei "The wilders" (Kansas).























Poi è stata la volta dei "Little cow" (Hungarn) un Balkan ska/rock/Gipsy e altro che mi ha ricordato i "Gogol bordello", ma con melodie meno aggressive essendo assente il punk. A mio parere bravi sia nel suonare sia nell'intrattenere (dei buoni animali da palcoscenico). Abbiam ballato fino a essere stanchi, inizialmente con una tisana di Rooibos in mano dato che faceva freddo e le caffetterie (come qualsiasi posto dove sia possibile nutrirsi) danno contenitori per il take away. Pensatemi saltellare con il tè tra le mani che cercano discaldarsi. In effetti il connubio è servito.A seguire in un club si è danzato ancora sui ritmi latini (mexican) folk alternativ della "Pistolera" (New York) gruppo formato da tre donzelle e un uomo al basso. Non male.

Infine i "Funkadesi" (Chicago, si fa per dire date l'eterogeneità dei suoatori) un gruppo veramente global fusion per commistioni musicali e dei componenti: bravi. Movimento anche qui.

La musica da ascoltare seduti c'era, ma ho lasciato ad altri i ritmi dalla Mongolia, Turchia e altro. Per gusto personale e necessità terapeutica: urgeva sfogarsi dopo gli skazzi settimanali.
Nessuna rappresentanza italiana: pensare che speravo in una pizzica dopo tanto...

Però, dopo esserci ricongiunti con gli altri, abbiamo trovato eccellenti percussionisti e tentato di sambare, con risultati assai scadenti per quel che mi riguarda.

Un bell'evento, costoso per i miei canoni da socia ARCI e affini (il prezzo pagato si riferiva alla serata e all'ingresso studenti), ma meglio i soldi spesi così che nell'ennesimo libro acquistato invano per l'inutile corso di College Writing (fortunatamente ho almeno potuto restituire i testi di scienze politiche).
Inoltre al contrario di quanto mi aspettavo la città non era chiusa: c'erano eventi gratuiti nelle strade; mentre per accedere ad ogni singolo concerto uno stuolo di addetti controllava il possesso del braccialetto (da quel che posso vedere al campus assumono tante persone per fare il lavoro che si potrebbe gestire in pochi eppure ho sentito dire che c'è molta disoccupazione. Sarebbe interessante capire a quanto ammonta la retribuzione... )

Aspettando l'austriaco Teaching Assistant che è in dolce compagnia. Da sinistra G. (di N.Y.), L. (il russo o meglio siberiano) e A. l'insegnante di francese che sinceramente non ho capito da dove provenga. Magari glielo chiedo di nuovo quando vado a riprendermi la felpa che da una settimana staziona sulla sua auto.

5 ottobre 2008

La musique que j'ai entendu

Un assaggio di Ryan Adams. Il video è pessimo poiché come detto ero lontana, ma il suono poteva pure essere peggiore... chi s'accontenta gode.


Questo invece uno dei gruppi ascoltati sabato sera a Bloomington (post in arrivo, homework permettendo... già).
Little cow: certo il più ballato.

3 ottobre 2008

La strada americana

Thursday October the 2nd, 8:30 p.m.
Ryan Adams in concert at the Murat Theatre of Indianapolis.

La libertà pulsante dal post precedente dipendeva anche dall'invito a questo concerto. Non ne ho accennato per scaramanzia! La ragazza di D. (proprietario del Bluedoor cafè di cui scrissi) non sarebbe riuscita ad andare, perciò A. ha rivolto a me l'invito.

"La libertà non è star sopra un albero... la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione" anche a un evento e movimento, scelta e possibilità di andare, aggiungerei alle belle parole di Gaber.
Finalmente fuori da Greencastle. Finalmente un concerto. Finalmente...

Riuscita a cambiare il turno di lavoro, ho subito accettato, nonostante non conoscessi il cantante. Nemmeno ho chiesto dove suonasse. Mi bastava la città: Indianapolis; l'evento: concerto; la compagnia: due ragazzi simpatici, alla mano e gentilissimi (mi hanno persino regalato il biglietto!). Così ho indossato i pantaloni comodi, una t-shirt e la felpa da buttare nella borsa a tracolla. I miei amici si sono presentati altrettanto informali, ma in jeans e camicia.

In auto ho scoperto che eravamo diretti a teatro, all'ingresso altra gente in camicia scozzese. Forse avevo sbagliato abbigliamento: forse si trattava di un concerto country mentre io ero abbigliata molto più da genere alternativo. Comunque la gente era tanta e non certo vestita con stile. Caratteristica quest'ultima che strideva un po' con il luogo, curato in modo pomposo e kitsch: una sorta di Manzoni (quello di Milano), ma almeno tre volte più grande.
Già alla seconda canzone, la cover di Wanderwall degli Oasis, ho realizzato che se le influenze folk c'erano, non erano comunque preponderanti.

"Le camicie a scacchi, dunque -riflettevo sorridendo- rappresentano il loro semplice gusto. Ecco forse perché Ralph Lauren (brand che qui spopola) qualche anno fa aveva realizzato, e importato pure da noi, camicie similari che indossai anch'io nei nineties".

Il concerto mi è piaciuto, sebbene la musica in sé non mi abbia entusiasmata, forse perché non conoscevo le canzoni e ovviamente non ne capivo i testi. Mi mancavano delle vibrazioni. Speravo di conquistarle alla fine, andando sotto il palco, dato che eravamo in platea, ma abbastanza lontani, invece il concerto è finito senza alcun clamore. Semplicemente Ryan Adams ha smesso di suonare. Nessuno ha occupato i corridoi o tentato di conquistare gli spazi liberi vicini ai musicisti (come ho suggerito all'amico che mi stava di lato, invano) e soprattutto nessuno gli ha urlato un'ultima canzone.

Il cantante ha abbandonato il palco, gli addetti hanno iniziato a smontare gli strumenti e la gente è uscita scartando le tante maschere del teatro in tenuta gialla e arancione che ricordava quella di un fast food.

Dopo il concerto, il fratello di D. e la fidanzata ci hanno portati in un Martini bar, locale, immagino, abbastanza trendy e fighetto dove si bevono superalcolici e si può fumare il sigaro (qui il divieto o meno di fumare nei locali pubblici è a discrezione del comune: a Greencastle è vietato). Ci siamo fortunatamente fermati poco finendo in un molto più "american" bar: tanti alti banconi, ragazzoni chiassosi e maxischermo ovunque che trasmettevano una partita di Baseball (i Chicago stavano perdendo).

Uscita stanca, ma contenta ecco la strada americana che di nuovo mi affascina.

*non ho ancora capito il motivo di quei fumi (vapore?). Forse l'impianto di condizionamento? Nelle nostre città non l'ho mai visto.

29 settembre 2008

Ulteriore dimostrazione

A ulteriore dimostrazione di quanto scritto ieri sulla nostra attitudine a riflettere sul passato e guardare il cammino percorso.



*Era tantissimo che non ascoltavo più il Davide (Bernasconi). Ammetto che mi fa piacere poterlo fare.

26 settembre 2008

beCOME AS YOU ARE (me, as I am)



Tra le più ascoltate negli ultimi giorni: potrei dire la colonna sonora. Notevole, lo so.

18 settembre 2008

Pensieri

L'ora riportata nell'ultimo post è all'incirca quella in cui ho pensato al video che avevo scoperto nel pomeriggio: quella musica, il nonsenso di certe azioni riprese, così come la lista di cose da fare e l'insoddisfazione latente ben si confacevano al mio sentire. Solo che io ero pure molto triste e stanca.

Dopo il lavoro, con il peso del portatile sulla spalla destra, la borsa sulla sinistra, freddo nelle ossa e sonno già accumulato in abbondanza mi sono diretta al Bluedoor, chiude alle dieci il mercoledì sera, ma, le volte che ci sono stata, i ragazzi si sono sempre fermati più a lungo. Spero d'incontrare l'ormai soprannominato (solo qui ovviamente) "quasi pastore". Invano. Davanti alla vetrina uomini sulla cinquantina stanno caricando le chitarre sui pick up.
Mi volto, percorro la strada a ritroso.
Il cappuccio calato sulla testa per il freddo non basta a scaldarmi, gli auricolari nelle orecchie nemmeno a farmi sorridere. Bel posto di merda quello in cui mi trovo e chi me l'ha fatto fare e nessuna voglia di andarmene a casa così, che palle domani giovedì... Queste le frasi che mi rotolano addosso trascinandomi per le strade di un paese vuoto. Quel minimo di lucidità rimasta mi porta, tuttavia, sulla via dell'amico americano. Così mentre raggiungo l'altezza della sua casa, vedo spuntare da un lato un'ombra con la chitarra sulle spalle. Pochi passi e scopro J. che mi saluta "Hey my friend, how are you doing?" "Bad" rispondo con il pollice verso per enfatizzare, ma già sorrido per il viso solare.

Mi spiega che si stava recando al Bluedoor per vedere se fossi lì: non aveva avuto la connessione internet in quegli ultimi giorni, ed io sono ancora senza cellulare, così sperava d'incrociarmi per dirmi che avrebbe suonato al Duck.

Dico che lo seguo, ma prima gli chiedo una coperta.
Entriamo in casa e lui arrotola ciò che inizialmente mi sembra un asciugamano. Anticipa ogni commento affermando che c'è disegnata sopra una bandiera (l'americana). Persino sulla coperta e proprio su quella di chi vuole tornare in Europa e ai piedi indossa, con orgoglio, mocassini che afferma siano italiani.

Provo una bella senzazione, quella di J. che mi raccoglie nella malinconia e mi offre del caldo da tenere fino a quando ne ho bisogno. Penso che è importante trovarsi degli amici come li vorresti. Lo seguo nelle mie sneakers made in China che hanno smesso di strisciare.
Arrivati al Duck appoggio tutta la mia mercanzia ad un tavolino e tiro oltre l'una.



12 settembre 2008

in fine serata

Non è solo l'ora tarda e il sonno che mi spinge a postare un video senza troppi preamboli. Certo anche, ma siccome "non esiste il caso, non esiste la famosa tegola sul capo" questa canzone me la sono ritrovata proprio oggi tra i messaggi di facebook, grazie ad un'amica.

Perciò, pur non considerandola degna di nota particolare, mi piace l'idea di accettarla come colonna sonora per le quattro settimane raccontate e la piacevole, ma tranquilla serata trascorsa con l'autoctono (il già in parte descritto "quasi pastore" che ha la mia età e pure una splendida bimba di cinque anni!) parlando di musica, americans, countriboy/trucker della zona e guardando Fight Club.

*il gruppo è finlandese, ma la bella cantante potrebbe benissimo essere un'americana della DePauw. Tutta pittata per qualche party organizzato da altri studenti, li raggiungerà percorrendo i medesimi vialetti che durante la giornata calpesta in shorts e infradito andando a lezione.

8 settembre 2008

Ritmo

La vita può essere ritmata da molte attività.
Quelle delle mie due coinquiline sono studio e riposo. Tempo costante.
Il mio cronometro, invece, dev'essere difettato. Ultimamente, fuorché il sonnecchiare e lo studiare, batte quasi tutto, insieme. Sarà che mi piacciono le commistioni musicali.

Tuttavia non posso passare nove mesi con la patchanka in corpo perciò, stasera, mi concedo un massimo di altri venti, trenta minuti davanti al pc.
Il tempo per una mail e per postarvi il video dei Calexico, gruppo statunitense che mi piace e che suonerà il 18 ottobre, al Rolling Stones, a Milano. Andate a vederli per me, di date a Indianapolis fin'ora nessuna traccia. Meglio che vada a letto senza pensarci...


31 luglio 2008

Pivot

Un gruppo che mi è piaciuto mentre aspettavo di veder suonare i Chemical Brothers lo scorso 20 luglio a Livorno. Week end bello, ma stancante per tanti motivi, in primis a causa di un forte mal di denti. Ora almeno quello pare passato, o forse solo quello... Risentire questo gruppo può far bene: il cervello per un attimo segue l'ondeggiare della testa dietro un ritmo fisso e senza senso evitando di chiedersi il motivo. Serve, serve...