30 ottobre 2008
Italian Club
Gli argomenti li ho suggeriti io e sono stati dettati dal mio cultural shock che sembra non trovi tregua. Tra i temi: dating, engaging, relationships, PDA (Public Display of Affection)...
Poi la domanda di alcune: Do you think the U.S. are conservative?
Da quanto ho visto e sentito, sì...
A breve la spiegazione di tutto quanto, una summa di mie impressioni, spiegazioni di D. (l'amica italiana di Miami), del German teacher e delle voci degli studenti alla DePauw.
Una ragazza mi ha chiesto persino se gli uomini italiani sono infedeli. Le ho risposto dipende, ci sono entrambi: fedeli e infedeli. Ridendo ha detto menomale "so I am going to look for the italian man of my dreams!". Non me la sono sentita di elencarle gli altri difetti...
27 ottobre 2008
Intermezzo italiano
Presto qualche altra foto rubata alla pioggia di Miami e "sconcertanti scoperte" sull' americana forma mentis.
24 ottobre 2008
Iettatura
23 ottobre 2008
Key West
Abbiam colto l'attimo per pranzare con un (e dico uno non a caso) raggio di sole sulla schiena e scattare delle foto per l'isola
che in questo periodo si riempie di turisti, più o meno gay come da tradizione, per un carnival all'insegna di una grottesca volgarità molto kitsch con i suoi lati ironici e divertenti.
Passate davanti al museo di arte dove ho perso tempo a farmi ritrarre in pose intelligenti è ricominciato a piovere, meglio diluviare e ci siamo rifugiate sotto la tenda di un negozio tra un misto di deutsch-redneck.
Oggi che la pigrizia torna a far da padrona me ne andrò a zonzo per South Beach e, complici le nubi, sarò costretta a darmi allo shopping che mi è impossibile in Greencastle (anche quello da povera, tipo un paio di jeans) sperando che il tempo cambi.
Però magari corsettina sulla spiaggia... Nonostante la sfiga se non fossi in me m'invidierei.
21 ottobre 2008
Finalmente Miami
Arrivare non è stato facile. Le navette dall'università erano solo venerdì, io sarei partita il sabato. Ho lasciato un annuncio sulla bacheca on-line della DePauw e deciso di acquistare un cellulare per evitare qualsiasi rischio di non essere trovata.
Mi ha risposto un docente della scuola di musica dicendomi che sabato si sarebbe recato col partner all'aeroporto, ma la mattina. Se non trovavo di meglio potevo unirmi.
Rispondo grazie, gli avrei dato conferma a inizio settimana. Acquisto il telefonino con l'ausilio di un commesso con gli occhi più azzurri che ricordi e mando la conferma al prof.
Questi mi risponde chiedendomi se lunedì abbia per caso preso un cellulare da un tal B. da Walmart: è il suo compagno. Dico “yes, that's wild” e gasata mi preparo per il viaggio che si annuncia curioso sin dagli esordi.
Un'ora di auto con una coppia gay, uno dei quali è un pianista: già mi figuro il personaggio un po' bohèmien.
Arrivano e dalle apparenze non lo sembra, ma quelle non contano.
Mi chiedono dove vado, rispondo e giro la domanda: Disneyland. Una valanga copre ogni poesia. Mi consolo facendomi sistemare il telefono e, inoltre, sono gentilissimi; guadagno pure un altro invito per il Thanksgiving, bene.
Arrivo all'aeroporto alle undici e mezza, aereo alle tre e mezza del pomeriggio. Un'ora di ritardo passo il tempo tra snack e caffè per evitare di addormentarmi. Dormo invece per buona parte del viaggio: appena salita non mi rendo nemmeno conto di decollare.
Scatto delle foto. La seguente è dove andrò: Miami beach.
Finalmente verso le otto di sera sono a casa di D. Proprio a South Beach...WOW!
Il giorno dopo è nuvoloso. L'amica mi confida che devo essere io (concordo): non ricorda una giornata così grigia. Al contrario Miami stupisce per quanto è luminosa.
Niente mare, dunque. Mi porta a fare un tour e si lamenta delle foto che scatto.
Poi però ho recuperato: oggi spiaggia dalle sei e un quarto del mattino, sino alle cinque e mezza di sera. No, non ci si annoia.
18 ottobre 2008
Spiegazione importante (secondo tentativo)
On lili's road come percorso della scrivente, la quale, grazie a parole, note e immagini mostra lati di sé che magari non trasparirebbero nelle due chiacchiere di fronte ad un caffè. Uno di questi può essere la vena malinconica celata con facilità da un sorriso, ma acuita da una tensione verso un obiettivo che manco lei si è ancora figurata e dall'insoddisfazione latente per ciò che fa.
Tuttavia chi ci ha trascorso del tempo lo sa, colei di cui si parla ama stare in compagnia: divertirsi, rilassarsi e appassionarsi di quel che le sta intorno.
Insomma non è che son qui a farmi le pippe mentali perché non ho il mio letto, la mia piccola comoda auto e l'amica con cui fare chiacchierate nella gentil favella davanti a un cappuccio in centro (che comunque sarebbero già buoni argomenti). Quando dai post traspare sofferenza è perché non riesco più a farne ironia.
Dai commenti e i messaggi giunti, temo però che l'intenzione di non appesantire i post, mi abbia allontanato da una precisa descrizione della realtà che sto vivendo.
È ora di recuperare prima che pensiate che sia una depressa cronica.
Leggete e fatevi una mappa mentale. Cercherò di essere il più concisa e oggettiva possibile.
Greencastle, ormai il nome è noto, il paese in cui vivo.
Per avere solo diecimila anime in fondo non è così male, ma è sparso su un territorio troppo vasto che non può essere percorso a piedi.
Vicini (tra i due e i quindici minuti a piedi) ci sono solo il campus, la chiesa, la posta, la banca, un grosso alimentari, un piccolo cinema, qualche rigattiere e due tre locali carini (tra questi il Bluedoor).
Ma detto così appare rispettabilissimo.
Risposta.
Oltre il campus e le case dei residenti solo campi di granturco e soia, soia e granturco. Ciò signifcia che prima di raggiungere Indianapolis, Bloomington o qualche cittadina più grossa dove poter fare degli acquisti, visitare, ascoltare qualcosa o solo cambiare aria, sono necessari un minimo di quarantacinque minuti in auto.
Gli stessi autoctoni mi hanno fatto notare che qui non si indicano le miglia, ma il tempo che si trascorre in macchina. È infatti questo il miglior modo per capacitarsi delle distanze non essendoci altri mezzi di locomozione. Si ignora il trasporto pubblico. Niente bus, pullman o treni. C'è una stazione a circa mezz'ora, ma per i treni merci. Se non hai l'auto sei fottuto: sono fottuta.
Un americano sui sessanta che quest'estate è stato in Italia ha dato questa definizione alle FS: “In Italy the trains are amazing! You can go everywhere!”. Credo l'entusiasmo a riguardo sia esaustivo.
Per fare acquisti di vestiario decenti bisogna andare in qualche mall (shopping center) distante almeno una mezz'ora. Per oggetti vari con prezzi e qualità da studenti c'è un grande centro commerciale a circa dieci minuti d'auto. Due volte alla settimana una navetta parte dal centro del campus piena di studenti internazionali (soprattutto asiatici) e vi si dirige. Tempo concesso un'ora, non di più né di meno. Gli acquisti devono limitarsi allo spazio esiguo. Sinceramente mi pare sempre di essere una detenuta quando sfrutto il servizio. La penultima volta scendendo m'è volato un bottiglione d'acqua che dopo aver faticosamente trasportato ho in un attimo perduto, scappato un bel “vaff...” in italiano che tutti han capito.
Il campus offre attrezzature sportive, biblioteca e mensa. Gli studenti tra i diciotto e i ventidue lo animano organizzando feste dove chi può s'ammazza d'alcool come neppure nella mia prima adolescenza. D'altra parte qui non possono bere sino ai ventuno così dopo recuperano il tempo perduto.
Pure le mie coinquiline hanno sfortunatamente scoperto i parties e hanno iniziato a darne almeno uno a settimana. Forse perché l'ultima volta la mia compagna di stanza rischiava il collasso, sabato scorso hanno sostituito (o unito) l'alcool con la red bull... Mi son cadute palle e occhiaie per terra.
Ho nuovamente chiesto di cercarmi una stanza singola: nonostante l'impegno, la divisione della stanza mi è ogni giorno più difficile.
Mi mancano i miei spazi. I pochi metri quadrati della stanza ornati dal letto a castello mi ricordano talvolta una cella. In aggiunta E. punta sveglie a orari improponibili, salvo poi non sentirle o decidere comunque di non usarle. La sottoscritta però si sveglia e talvolta sconvolta in un confuso dormiveglia s'alza pure!
La casa ovviamente ha solo il necessario: abbiamo persino dovuto acquistare le stoviglie e non abbiamo la lavanderia che faccio dagli amici per evitare i costi di quella a pagamento.
Tra questi disagi devo lavorare (venti ore a settimane tra T.A e Women Center), seguire le lezioni (10 ore a settimane), studiare, rendere conto alla burocrazia statunitense (prevedo un post a riguardo), fare acquisti, cucinare, lavare e sistemarmi (l'appartamento versa in condizioni pietose), cercare di mantenere rapporti con gli amici dentro e fuori il campus per piacere e non rischiare la depressione.
Naturalmente il tutto s'ha da fare in inglese. Fidatevi: non è facile.
Scrivere il blog pure occupa il residuo della giornata.
Fortunatamente domani vado per una settimana a Miami, mi ospita la sorella di un amico italiano (grazie A!;-). Sicuramente una pausa mi farà bene. Speriamo di non finire come nella tremenda pubblicità della nota compagnia di crociere al ritorno.
Tempo e connessioni permettendo darò aggiornamenti dall'on the road, ma prometto che non sacrificherò nemmeno mezzo raggio di sole per lo schermo del lap top. Dunque vedremo.
16 ottobre 2008
Campaign gadget
Io che non ho guardato nemmeno mezzo tg da quando sono qui, nè riuscita a leggere granché, ho almeno cercato di parlare con la gente in Università.
Al campus, come già accennato, la maggior parte sembra essere per Obama. Tuttavia il prof. di letteratura americana mi ha detto che molti affermano di votare il democratico semplicemente per timore di apparire razzisti. Sembra incredibile.
Giusto poche ore fa, invece, una ragazza mi ha spiegato che voterà per la candidata verde: Cynthia McKenney. I verdi ci sono ancora!
Il mio amico G. è per Obama, dice che la Clinton non gli piace, che sarebbe stato bello avere la Kennedy come vice, ma avrebbe significato perdere, e che Biden ha fatto delle cavolate, ma tutto sommato ci sta ancora. Quanto alla vice di McCain sostiene siano eccessivi nello stimarla e bugie le sue gesta.
D., impiegata gentilissima dell'università (addetta ai tesserini universitari), mi ha raccontato di aver stretto la mano di Obama questa settimana, in occasione dell'incontro a Indianapolis. Sembra esserne rimasta folgorata, il suo entusiasmo si è accresciuto.
J., segretaria del dipartimento spera per Obama, "ma - mi spiega - siamo un paese ancora immaturo, a third world country with too many toys and wealth".
G. mi confermerà l'affermazione "yeahh, a third world country with a strong army, because we have no health care, no education...".
Quanto a me dico che spero per Obama guadagnandomi simpatie, ma non lo faccio per quello. Piuttosto penso a racimolare gadgets.
J. oggi mi ha portato un campaign button, avrei preferito quello al femminile "women per Obama", ma non è riuscita a trovarlo.
Così stamattina ecco il biglietto che mi ha lasciato in segreteria: praticamente la hall, crocevia di chi frequenta il dipartimento di lingue moderne.
Per la serie: non mi faccio mai riconoscere.
Il prossimo passo sarà all'insegna della conquista di una maglietta.
Almeno ieri sera però sono riuscita a vedermi l'ultimo dibattito. McCanney non lo posso tollerare, mi ricorda troppo qualcun altro anche se da quest'ultimo dovrebbe imparare a sorridere. Lo sforzo immane per tentare di mantenere le labbra a mezza luna era oltremodo visibile. Inoltre fosse anche solo per l'idea di incrementare il nucleare e vietare l'aborto non avrebbe il mio voto.
Obama appariva più rilassato. Condivisibile ciò che ha detto al cento per cento (la realizzazione si sa è un'altra questione). Investire nello stato sociale: nella scuola, nella sanità (ma prima ancora nella prevenzione) e nelle fonti di energie rinnovabili (diminuendo però i consumi). L'ho apprezzato quando si è alterato e ha leggermente alzato il tono della voce, forse perché sono italiana e amo vedere passione. Quella autentica.
Nei nostri politici a volte l'eccesso genera la farsa da cui, per citare ancora Gaber, "abbiam capito che il mondo è un teatrino".
Comunque sia, certi gesti sono forse sfuggiti al controllo e, G. mi ha fatto notare che, alla fine del dibattito, mentre Obama ha cinto la moglie con un braccio scendendo dal palco, McCain ha schioccato le dita e lei lo ha seguito tipo cane. Bisogna anche dire che siamo in America e John è proprio uno yankee come molti gentili ragazzi incontrati, i quali, al momento di salutarmi, magari dopo una specie di abbraccio, quando una si aspetterebbe i classici due baci sulle guance o, piuttosto, basta quello, mi battono la mano sulla spalla tipo "Hey Frank, take care, ok?".
E va bene che c'ho le spalle un po' larghe guys, ma non sono mica un giocatore di Football americano!
15 ottobre 2008
Spiegazione importante
Non ho parole, meglio che vada a letto.
14 ottobre 2008
Cerco un gesto (e un senso?)
Mi guardo dal di fuori come fossimo due persone
osservo la mia mano che si muove, la sua decisione
da fuori vedo chiaro,
quel gesto non è vero
e sento che in quel movimento io non c’ero.
A volte mi soffermo e guardo il fumo di una sigaretta
la bocca resta aperta, forse troppo,
poi si chiude in fretta
si vede chiaramente che cerco un’espressione
che distacco, che fatica questa mia finzione.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale
intero come il nostro Io.
E invece non so niente, sono a pezzi, non so più chi sono
capisco solo che continuamente io mi condiziono
devi essere come un uomo, come un santo, come un dio
per me ci sono sempre i come e non ci sono io.
Per tutte quelle cose buone che non ho ammazzato
chissà nella mia vita quante maschere ho costruito
queste maschere ormai sono una cosa mia
che dolore, che fatica buttarle via.
Cerco un gesto,
un gesto naturale per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale intero come il nostro Io.
Cerco un gesto, un gesto naturale
per essere sicuro che questo corpo è mio
cerco un gesto, un gesto naturale intero come il nostro Io.
Queste parole escono ora di frequente dai miei auricolari mentre raggiungo aule e attraverso strade: che intensa leggera malinconia Signor G, ma buona compagna.
12 ottobre 2008
Also a wedding
Prima delle 10.30 A.M. direi COLAZIONE.
Un'altra usanza è il lancio della giarrettiera che in questo caso il marito si accinge a trovare. Fortunatamente l'inglese funge da ulteriore freno al dire.
Mi sa che J. stavolta m'ha fregata: cercava qualcuno con cui condividere l'incombenza...
11 ottobre 2008
University's Inauguration fotos
La cena era per solo per i "pezzi grossi" dell'università ovviamente. Una schiera di camerieri affollavano la sala, ma anche il rifresco (aperitivo) aperto a tutti nel giardino.
Alle nove poi hanno persino fatto i fuochi d'artificio.
Pensiero: ma invece di sperperare i soldi in questo modo, non potrebbero pagare di più la sottoscritta??? o almeno farla vivere più decorosamente...
(In settimana è piovuto: permane il problema dell'acqua in casa)